venerdì 24 febbraio 2012

decrescere

La governance non perde il connotato di sovrastruttura neppure all’interno di regole e regimi democratici: l’obiettivo rimane quello di gestire i rischi collettivi, che sia fronteggiare carestie, rivolte, invasioni, oppure aumenti del prezzo di materie prime importate. Questa è la governance, sia che venga esercitata da dittatori illuminati, da aristocrazie nobiliari, dal consiglio degli anziani o da un’accozzaglia di ignoranti, populisti, tagliaborse, megalomani. Anche solo ipotizzare una governance che non si faccia portavoce delle istanze popolari per disinnescare la potenza fisica delle masse, razionalizzare e interpretare le esigenze per evitare esplosione del conflitto il più a lungo possibile, ricorrendo a modelli decisionali interlocutori e non violenti. Pertanto il discorso sulla governance è ininfluente rispetto all’evidenza di uno sviluppo fondato essenzialmente sul petrolio. La rivoluzione industriale è una parentesi, non è una scoperta che rivoluziona l’umanità da qui all’infinito. Non esiste, fisicamente, nessuna alternativa al petrolio in grado di garantire non solo all’occidente ma a miliardi di persone quante sono nel mondo un livello di benessere e qualità della vita paragonabile al nostro (anche se con nostro intendo anche quello di chi l’ha finanziato, vedi Keynes, a colpi di inflazione e svalutazione che scaricano il costo sulla ricchezza e sulle altre valute e con l’indebitamento all’infinito dei posteri). Non esiste ammoniaca, solare, eolico, gas, idrogeno, nucleare, niente di tutto questo può supplire alla mancanza del petrolio e niente di tutto questo può essere considerato rinnovabile e sufficiente alle nostre esigenze. Non esiste carburante che non sia stato originato dal processo di fossilizzazione nell’era carbonifera, un arco di milioni e milioni di anni, in grado di sostenere il mondo industrializzato, a meno di ipotizzare batterie grosse come palazzi e le risorse naturali di un secondo e terzo pianeta Terra. Detto questo, cioè che non esiste una soluzione né adesso né domani per continuare così (c’è una grossa differenza fra l’essere ottimisti e ipotizzare chissà quali fantastiche scoperte scientifiche e illudersi di essere ‘buoni’ per non sentirsi in colpa nel perseguire un comportamento ‘temporaneamente’ sbagliato e dannoso – tipo i drogati dello smetto quando voglio), è anche vero che non c’è nemmeno una soluzione per smettere di consumare e distruggere e inquinare e diventare sempre più in tanti. Per cui la decrescita non è qualcosa che si fa o non fa, che si vuole o si evita, è una cosa che avverrà quando le circostanze lo imporranno. Non ci vuole un quoziente intellettivo stellare per fare una previsione a riguardo con stime ad alta confidenza, e anche se fossero in pochi a capire il dramma di un mondo che torna indietro di secoli perché dovrebbero sforzarsi di farlo capire a tutti, magari in toni catastrofisti da titoloni in prima pagina, per alimentare con soldi freschi il business politico della partecipazione popolare e la stucchevole guerra dei parlamentari sui media: tanto non ci si può far nulla per impedire che si bruci tutti il bruciabile, a costo di respirare andando in giro con bombole sulla schiena.

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