giovedì 17 maggio 2012

Stamattina quando mi viene da dire qualcosa mi fermo e sto zitto, non clicco sul bottone pubblica di facebook, non faccio il tifo, non diffondo, non pubblicizzo, non propagando, non partecipo, il che è come smettere di difendersi per stare a galla nell'ondata massiccia e continua dello tsunami informativo digitale, e devo dire che è bello riscoprire la gioia di rifiutare la compromissione in un mondo in cui più nessuno sembra provare la necessità di tirarsene fuori, dove sembra che se non appari non esisti, se ti alzi ti rubano il posto, il sequel del se non lo compri resti indietro, se non puoi permettertelo resti escluso, oggi siamo al se non entri nel gruppo non otterrai salvezza, se non svetti sulla massa non sarai mai di alcuna utilità, se non conduci verrai condotto, questa spinta all'integrazione fine a se stessa tipica dello stormo del branco del gregge in cui se ti allontani rimani solo e muori, se non ti offri volontario la tua vita sarà uno spreco, un po' come il famoso albero nella foresta che non cade davvero se non ci sono testimoni, con in più l'ansiogena colonna sonora delle emergenze e dei terribili rischi che si corrono solo per il fatto di essere vivi, dove si sterilizza la frutta e si indossano mascherine per andare in bici, si è persa la liberatoria sensazione di non far parte del sistema com'era la norma ai tempi pre-internet della fruizione mediatica passiva, la consapevolezza della propria insignificanza, senza la pretesa di essere la goccia che fa traboccare il vaso, la milionesima piuma del cui peso si avvertiva la fondamentale e struggente necessità, senza la follia dell'andiamo tutti nello stesso posto e saltiamo tutti assieme per far uscire il pianeta dall'orbita, il tempo in cui parlavi solo di persona con gente che non aveva nessuna voglia di litigare per questioni di principio, la calda sicurezza e morbida accoglienza e prevedibile familiarità di un ambiente mai ostile a prescindere, per cui è bello a volte, come oggi, smettere di entrare nella mischia, salire sul ring per un combattimento di massa dal numero di round infinito, in cui non conta nemmeno essere più bravi ma conta solo far aumentare il numero di elementi di un gruppo piuttosto che un altro, aiutare a spargere influenza e potere del prescelto campione momentaneo affinché prevalga per un certo lasso di tempo questa o quell'opinione, un'orgia, un mattatoio, un gioco al massacro, dove se non ti butti nella mischia e non accetti le regole vuol dire che ti arrendi e ti ritiri e perdi e ti devi vergognare perché si contava anche su di te, e che bello ogni tanto, come oggi, smettere, quello che avevo da dire l'ho già detto, inutile insistere, chiuso, occupato, fuori servizio, alzare un muro invisibile e usarlo come scudo, una bolla di pace dove stare in silenzio a godersi la tranquillità di chi l'ultima parola se l'è aggiudicata ancora prima di iniziare a discutere.

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